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IL FIUME VERDE VERSO LA CITTA' 

Da Quinto a Sant'Angelo

Caratteristiche del percorso: 

Lunghezza: km: 10,4 km. 

Periodo: tutto l’anno. 

Difficoltà: facile. 

Tempo di percorrenza: 1 ora e 10 minuti

GALLERIA DI IMMAGINI

 

Stiamo decisamente procedendo verso la città, la città del Sile, Treviso. La zona risente  della presenza dell’aeroporto e quindi anche il nostro viaggio sarà determinato spesso da deviazioni imposte da questa possente presenza. Ma non ci lasciamo scoraggiare e trasformiamo queste piccole difficoltà in grandi opportunità. Il nostro percorso parte dall'Oasi di San Giorgio a Quinto. Diamo le spalle all'Oasi e dopo duecento metri riprendiamo la Strada Comunale (Via Contea).

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Giriamo a destra e proseguiamo per circa 0,3 km. All'incrocio (sulla nostra destra la chiesa di San Giorgio), giriamo sulla statale Noalese a destra. Oltrepassiamo il semaforo a Quinto centro e proseguiamo ancora per 1 km fino ad incontrare sulla nostra destra Via Nogare. La prendiamo girando a destra e proseguiamo per circa 0,7 km… la strada si ferma su un piazzale dal quale potremmo ammirare delle splendide vedute sul Sile … siamo arrivati!

SILE A CANIZZANO

IL MULINO GRANELLO: uno dei mulini tra Quinto e Canizzano, purtroppo chiuso nel 1985, l’ultimo a esser chiuso, e ora proprietà privata.

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Torniamo sui nostri passi e ripercorriamo via Nogare sino alla regionale. Giriamo a sinistra e procediamo per circa 700 metri. Ora a sinistra su via Contea. Avanti per circa 400 metri. Ora a sinistra. Siamo in Via Canizzano, nell’omonima località. Circa 1,3 km più avanti ecco di fronte a noi la chiesa di Canizzano.

LA CHIESA PARROCCHIALE DI CANIZZANO

Una chiesa molto particolare prima di tutto perché costruita anticamente su delle palafitte proprio sopra la palude. Altro aspetto molto particolare di questa chiesa è la presenza di diversi altari e di diversi culti praticati che ci fanno capire l'importanza che essa ha avuto per la teologia e la spiritualità di questi luoghi. Sulla fondazione e sulla costruzione dell'attuale edificio sacro non vi sono documenti di sorta. Dall'originario contratto per le pitture però, possiamo intuire i notevoli rimaneggiamenti subiti da questo edificio durante i secoli. La chiesa quattrocentesca di Canizzano doveva essere un edificio architettonico ben piccolo ad unica navata. D’epoca successiva al 1456 è l'innalzamento della teoria di colonne che la strutturano anche oggi in tre navate. La cappelletta del battistero, a sinistra entrando nella chiesa, è del sec. XVI. Nel 1758 poi, si diede corso ad una nuova ristrutturazione con lo smantellamento del coro precedente, il conseguente abbattimento dei suoi affreschi e la ricostruzione del coro nuovo. La sagomatura attuale delle arcate e la delineazione neoclassica dell'interno della chiesa si può riferire se non ad un buon ottocento, almeno alla fine del '700 quando fu rifatta in stile ionico anche la facciata della chiesa. Esiste ancora l'antico ed interessante contratto di affrescamento della chiesa di Canizzano, datato 10 luglio 1456, con cui si dava l'incarico ai pittori Sebastiano da Faenza e Pasqualino Franco da Venezia di dipingere nella cappella maggiore della chiesa i cori degli angeli, i dottori della chiesa e i dodici apostoli, ed inoltre di affrescare all'esterno della cappella a destra e a sinistra della navata della chiesa. Oggi si possono ammirare diverse parti di affreschi tra cui l'Annunziata e una dozzina di figure di Apostoli, Dottori della Chiesa e tre Madonne votive con bambino. Sono presenti anche interessanti affreschi e tele del sec. XVIII, in particolare la Visitazione di Maria Vergine a Santa Elisabetta con figure ai lati di nobildonne insieme a san Giuseppe e san Zaccaria. 

PARROCCHIALE DI CANIZZANO

 

CANIZZANO Storia d’acqua e di mulini

Sito nel comune di Treviso, quartiere a ridosso del Sile alla periferia ovest del comune  e confinante con Quinto. Scarse sono le indicazioni della bibliografia storica trevigiana su questa località appartenente alla parte sud-ovest della città. Il nome di Canizzano deriva dai canneti delle paludi del Sile. E’ stata considerata nei secoli scorsi e a ragione, il villaggio dei mulini. Un'indagine specifica su documenti originali fa capire che nel tratto del Sile a monte della città vi siano stati dei mulini fin da quando si imparò a sfruttare l'acqua come energia per muovere le macine. Se si tiene conto che il diritto di ripa e sulle acque del Sile spettava già da molto tempo prima del Mille al vescovo di Treviso e che tale diritto fu successivamente più volte confermato con bolle pontificie nei sec. XI e XIII, è facile supporre che l'episcopato trevigiano cercasse di sfruttare al massimo tutti i vantaggi economici che questo monopolio gli dava. Nel 1178, in un elenco di castelli, rocche e possedimenti che appartenevano al vescovo di Treviso, figura la località di Mure, anche se il mulino non vi è menzionato. Si ha inoltre notizia di atti di vendita di mulini vescovili a Quinto nel 1227 (ai fratelli Rodolfo e Ventura da Piombino) e al ponte di S.Martino in città fra il 1208 e il 1224 (al Comune di Treviso). D'altra parte è intuibile l'importanza dei mulini per il libero Comune di Treviso. Infatti, primo compito di un potere comunale che si rispettasse era di dare da mangiare ai suoi cittadini, garantendo nel contempo la capacità di sopravvivenza in caso di assedio o di carestia. Per questo già nel 1231 il Comune di Treviso deliberò la non alienabilità dei suoi mulini che già fossero in esercizio, e ad essi affiancò nel 1317 un magazzino pubblico di grano: il "fondaco delle biade" in piazza Duomo (nel luogo dove prima sorgeva il palazzo degli Ezzelini e dove, nel 1835, venne eretto il vecchio tribunale). I primi documenti certi sulla presenza di mulini a Mure e a Canizzano risalgono tuttavia solo all'inizio del Trecento. Se a questo si aggiunge che l'alveo del Sile è tutto un susseguirsi di tratti profondi con altri più elevati, è ragionevole pensare che le roste siano state costruite proprio in corrispondenza di questi punti più elevati. In questo modo venivano combinati - sfruttandoli al massimo grado - due fattori: velocità della corrente e innalzamento dell'alveo.

Ma proseguiamo ancora sulla strada. Siamo al km. 1,6 del nostro percorso. Procediamo per altri 1,1 km fino a vedere sulla nostra sinistra l’ingresso di Via Mure. Giriamo a sinistra e procediamo per altri 0,6 km, andando sempre dritti. Attraversiamo il ponte ed eccoci arrivati. Siamo di fronte al mulino Mure!

I mulini di Canizzano e di Mure. Già abbiamo visto che le prime tracce certe dei mulini in questo tratto di Sile risalgono al 1312.  Nel 1425 sappiamo che a Mure "Misser Zorzi Dolfin haver uno molin con rode do"». Ma è l'estimo del 1499 che ci dà l'esatta consistenza del "parco mulini" nella "Villa de Canizan". Ci troviamo di fronte a due "salti d'acqua" per un totale di 22 ruote (cui vanno aggiunte le sei esistenti nel colmello di Mure, escluso da questo estimo). Una cosa è certa: durante i quattro secoli di dominio della Serenissima, il tratto di Sile da Quinto al ponte di S.Martino a Treviso, era sfruttato da un gran numero di "rode da molin", tanto che ci fu un periodo, verso la metà del Cinquecento, che vi si trovavano ben quattro "salti d'acqua" e ventotto ruote in funzione. Due "roste" (o "poste da molin" o "salti d'acqua" come sono di volta in volta chiamate) erano ubicate nella "Villa de Canizan”. La prima era quella tuttora esistente (ex mulini Granello). La seconda era un po' più a valle, ma sempre prima della chiesa di Canizzano e rimase in funzione fin verso la metà del XVII sec. Il terzo "salto d'acqua" era quello di Mure, ancora in esercizio, sia pur parzialmente (mulino Torresan). Infine c'era il mulino di S. Angelo, in un ramo del Sile chiamato "La Fonta" all'incirca davanti alle vecchie scuole "Ferrini". Tale mulino cessò l'attività fra il 1565 e il 1582. 

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Una nuova guerra dell’acqua: quella dei livelli d’acqua.

Ma perchè un così elevato numero di impianti di macinazione? La risposta va ricercata nella notevole portata d'acqua e regolarità del Sile, fiume di risorgiva e pertanto non soggetto a piene o a siccità estive. La disponibilità d'acqua del Sile era garantita in ogni stagione. Ma perché, originariamente sono stati scelti proprio quei siti per costruirvi dei mulini? In teoria, infatti, nel Sile un posto vale l'altro. E' ovvio che a tale quesito si può rispondere solo con delle ipotesi. Ma osservando le tavolette dell'Istituto Geografico Militare in scala 1:25000, si può notare che in corrispondenza delle "roste" di Quinto, Canizzano e Mure sono segnate rispettivamente queste altezze: mt. 17, mt. 15 e mt. 12. In circa tre chilometri quindi, ci troviamo di fronte a ben cinque metri di pendenza. D'altra parte a Treviso città, in una rilevazione della seconda metà del secolo scorso (e che perciò maggiormente rispecchia le "primitive" condizioni del fiume) l'altezza del Sile sopra il livello del mare, a "pelo d'acqua", era di mt. 10,833 al Ponte di S.Martino e di mt. 8,698 al Ponte Dante: in si breve tratto cioè, c'era un dislivello di oltre due metri. Regola tassativa per ogni mulino era di rispettare il "livello" dell'acqua. L'a!tezza esatta di tale livello durante il dominio veneziano era indicata da una pietra rettangolare di marmo chiamata la "pièra de San Marco" murata, e ben visibile, sul mulino. Ma non tutti rispettavano questi obblighi. I mugnai di San Martino per esempio, consapevoli della loro importanza economica, si guardavano bene dal prestare attenzione a simili bazzecole. E quando serviva loro di facilitare le manovre dei "burchi" e barconi di vario genere che entravano a caricare farina fino nel cuore della città chiudevano le "bòe" e l'acqua del Sile si alzava. Con quali conseguenze per gli abitanti del tratto a monte della città è facile immaginare. Alla Deputazione comunale di Canizzano non restava che ricorrere alle autorità superiori e di tali proteste ci resta traccia in un ricco carteggio risalente ai primi decenni dell'Ottocento. II 30 marzo 1827, ad esempio, i "delegati" di Canizzano Ricci, Carretta e Grespan, mandarono a dire al Comune di Treviso che il tratto di strada nei pressi del ponte dei Paludi, vicino all'attuale passaggio a livello per Venezia, "pella sua prossimità al fiume Sile viene allagato dallo stesso, ogni volta che dai mugnai di Treviso vengono chiuse le paratoie..." tanto che la strada si rende: "più atta ad essere navigabile che carreggiabile, cagione per cui successero ivi vari rovesciamenti di carri e carretti con danno e pericolo dei conduttori". Ma il Comune di Treviso se ne lavò le mani ed inoltrò reclamo alla superiore Delegazione Provinciale. Allora Giuseppe Zago e il dottor Francesco Carretta "deputati" del Comune di Canizzano, il 14 dicembre 1831 furono costretti a rivolgersi al R. Commissario Distrettuale specificando dettagliatamente, ancora una volta, i guai che il comportamento dei mugnai di Treviso provocava. Passò un mese abbondante e il 23 gennaio 1832 il Commissario Distrettuale prese atto del problema e, a sua volta, mandò avanti la pratica. Alla Provincia! Non vi sono più tracce della polemica negli anni successivi: ma è intuibile come siano continuate le cose.

Il passaggio sul Sile. I mulini del Sile, almeno quelli della nostra zona, oltre a macinare hanno sempre avuto anche un'altra importante funzione: quella di garantire il passaggio fra le due rive. Certo, un passaggio difficile, sempre al limite della precarietà (l'unico ponte degno di questo nome, nel tratto fra la città e le sorgenti, era infatti quello del Tiveron a Santa Cristina). Tuttavia la pur traballante passerella permetteva in qualche maniera di attraversare il fiume. D'altra parte era naturale che al "salto d'acqua" venisse addossato un ponticello, se non altro per permettere di raggiungere i mulini posti in mezzo alla corrente. E poiché in corrispondenza dei mulini c'erano sempre, come è ovvio, delle strade, ecco quindi che il ponticello veniva ad assumere per forza di cose il compito di collegare le due sponde. Per la verità un singolare documento del 5 gennaio 1857 rintracciato fra le carte dell'archivio del Comune di Canizzano, asserisce che un tempo a Mure c'era un "passo" sul Sile, a guado. La cosa ha dell'incredibile se solo uno ha avuto l'occasione di vedere come ora in quel posto la corrente corre veloce. E deve essere stato proprio in corrispondenza di uno di questi rialzi del fondo che, in prossimità dei mulini di Mure avveniva il guado.( notizie e materiali tratti da : http://www.parcosile.it/)

Dal mulino Mure a Sant'Angelo. 

Ritorniamo sui nostri passi per 0,6 km e giriamo a sinistra riprendendo la provinciale. Proseguiamo per altri 1,6 km fino a vedere sulla nostra sinistra il cartello che indica l’ingresso per l’area verde di Sant’Angelo. Procediamo per 0,1 km fino a raggiungere il cartello che indica l'ingresso all'area verde. 

Siamo arrivati all’area verde di Sant’Angelo!

L’area verde di Sant’Angelo, nell’omonima località alle porte di Treviso, è una bellissima sorpresa per chi ama la verde serenità del Sile. Posta a un centinaio di metri dalla Provinciale, offre uno spunto di tranquillità arricchito altresì dalla presenza, a ridosso dell’area stessa, della chiesa di Sant’Angelo. Area attrezzata e aperta in orario prestabiliti, è un ottimo approdo per una mezz’ora di serenità e di calma. Consiglio vivamente il posto agli studenti che amano i caldi pomeriggi d’estate, un luogo tranquillo ed attrezzato dove trovare il ritmo giusto per il proprio studio all’area aperta.

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LA CHIESA DI SANT’ANGELO                                                        

La chiesa di Sant'Angelo è un edificio religioso posto a chiesa parrocchiale dell’omonima frazione di Treviso. Intitolata all'Arcangelo Michele, l'edificio sorge a sud est del centro storico, sulla riva destra del fiume Sile. La leggenda vorrebbe che sulla sponda destra del Sile esistesse prima un forte in cui si era insediato il celebre Orlando, alla testa di duemila cavalieri e soldati franchi. Fu così che nel 774, dopo tre giorni di digiuno e preghiere, che il paladino riuscì a sbaragliare i Longobardi grazie proprio all'intercessione di San Michele. Ecco che l'anno successivo fu così ultimata una cappella in onore dell'arcangelo.

Un'altra tradizione, che probabilmente è più vicina alla realtà storica, ritiene che la chiesa fosse stata consacrata dal vescovo di Treviso Fortunato in seguito alla conquista franca del Regno Longobardo. È invece provato che nel 799 lo stesso Fortunato ospitò a Treviso papa Leone III di ritorno da Paderborn. La leggenda afferma che in quell'occasione il pontefice avrebbe visitato la cappella di Sant'Angelo imponendole l'indulgenza plenaria. Ma la prima citazione scritta che riguarda la chiesa risale all'11 febbraio 1170: infatti, con una bolla,  papa Alessandro III elencava tra i beni dei canonici di Treviso anche la chiesa di Sant'Angelo e le sue pertinenze. Interessante poi un'altra bolla di papa Urbano III del 1187 in cui si registrano dettagliatamente tutte le dipendenze della cappella e si accenna alla presenza di un villaggio nei dintorni. Si sa poi che nel 1502 la chiesa era malandata e di dimensioni insufficienti per l'aumentare popolazione. Ma l'anno successivo Sant'Angelo diveniva parrocchia e il primo parroco, Andrea Teutonico, si adoperò subito per la sua ricostruzione. E questa visita pastorale nel 1521 evidenzia che il nuovo edificio non era ancora stato concluso. Una nuova ricostruzione si ebbe a partire dal 1860. In occasione della visita pastorale del 1867, il vescovo Federico Maria Zinelli ebbe modo di ammirare la nuova chiesa e, avendo appreso che per varie vicissitudini, non era ancora stata benedetta, procedette subito alla sua consacrazione solenne. Un ultimo ampliamento fu effettuato nel corso del 1950 su progetto dell'architetto Achille Vettorazzo. Tra le opere conservate nella chiesa spiccano una croce bizantina del XVI secolo e alcuni dipinti di scuola veneta del XVIII secolo.

“E’ davvero bello, anche nelle giornate d’autunno sedersi sulla riva del fiume da queste parti. e in tutta tranquillità osservare germani, marzaiole, cigni e folaghe che fanno a gara a chi se ne frega di più dei rumori  del vicino aeroporto.”

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Di fronte a questa Chiesa si chiude dunque il nostro viaggio!

 

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