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POVEGLIANO IN BICICLETTA
 

 

Caratteristiche tecniche del percorso

Lunghezza: 30 km

tempo di percorrenza: 3 ore

stagioni: il percorso si snoda spesso tra stradine sterrate quindi sono consigliabili giornate asciutte.

Il territorio e le acque

Il territorio di Povegliano si estende a nord di Treviso, nell'area compresa tra il capoluogo provinciale e il Montello. Oltre alla frazione sede del capoluogo, fanno parte del comune anche le frazioni di Camalò e Sant’Andrà. Corsi d'acqua principali sono il torrente Giavera e il canale di Villorba, che scorrono all'estremità orientale del comune.

 

Il torrente Giavera  nasce da risorgive presso il paese omonimo (località Forame). Scorre nei pressi di Povegliano, Villorba e sfocia infine nel torrente Pegorile all'altezza di Fontane. Il toponimo, anticamente Glaura, deriverebbe dal latino glaber, che indica una terra "nuda e liscia", in riferimento al carattere acquitrinoso delle zone attraversate.

Un po’ di storia

 

Le origini dei luoghi del territorio poveglianese si riconducono al Montello ed al suo territorio. Alle pendici dei colli si trovano fin dall’XI secolo a.C. alcuni villaggi, le cui abitazioni sono poste verso sud, sulla pianura, mentre a nord sono collocati i Castellieri, che sono delle opere difensive.
Nel II secolo a.C. i Romani controllavano la Pianura Padana, tutelando i territori e i popoli che vi risiedevano anche attraverso il grande sistema viario che venne realizzato a partire dal  148 a.C. : è l’anno della strada Augusta, via che collegava Genova ad Aquileia e successivamente della via Annia che unirà Aquileia ad Adria. E’ così che si  rafforzano i rapporti tra il centro ed il nord della penisola e da qui in avanti molti romani si spostarono nella pianura padana. Tra il 42 ed il 49 a.C. viene estesa a tutta la popolazione padana la cittadinanza romana mentre si attua il processo di romanizzazione del territorio in particolare attraverso la centuriazione.

Sulle origini di Povegliano, si racconta sin dal Medioevo che in seguito alle inondazioni del Piave, gli abitanti si spostarono nell’alta de Pojan dove sarebbe sorta tra il VI ed il VII secolo la Pieve di S. Maria. Il nucleo originario però era forse localizzato a Pojarin, zona nei pressi di Visnadello, poco distante dalla strada Claudia Augusta.

Nella strada che da Povegliano porta a Visnadello furono rinvenute infatti alcune sepolture ed un antico corredo funebre. Anche a Camalò sono stati ritrovati alcuni reperti archeologici: una tomba a cassetta ed embrici di epoca romana, oltre ad anfore e monete.

Antiche strade come via Levada a Povegliano e via Postioma a Camalò, segnano un percorso che collegava Postioma e Lovadina. Questi territori hanno conosciuto le invasioni dei popoli del nord e dell’est dell’Europa, che hanno lasciato tracce della loro dominazione anche nella toponomastica. Fin dal Medioevo Camalò è indicato tra i beni appartenenti all’Ospedale di S. Maria di Piave di Lovadina, e a Lovadina sorgeva un ospedale –ospizio che accoglieva le anime dirette ai luoghi sacri. Santandrà è invece nominato insieme a Povegliano nel 994, in un diploma imperiale di Ottone III, dove sono concessi territori a Nord della Postumia al Conte Rambaldo di Collalto, Conte di Treviso. Nel 1164, riconosciuti gli ordinamenti comunali delle città, la campagna circostante sarà coinvolta nelle imprese che segnano la storia di queste zone: la tirannia che i Da Romano impongono alla città, a cui si aggiungono le lotte tra Guelfi e Ghibellini, nelle quali compare Gherado da Camino signore di Treviso. Al dominio di Gherardo da Camino seguono i Conti di Gorizia, i vicari imperiali nel 1328, la Signoria Scaligera nel 1339 e la dominazione veneziana. Con la dominazione veneziana le regole diventano Ville: Camalò, Povegliano e Santandrà diventano ville del Quartier “Campagna Inferiore” della Podesteria di Treviso. Gli enti religiosi posseggono molti terreni in questo comune, ma saranno i signori veneziani e trevigiani ad acquistare terreni nel periodo di maggior floridezza economica della Serenissima, facendo sorgere ville e residenze signorili.

POVEGLIANO CENTRO.JPG

Tra il 1797 ed il 1814 Francesi ed Austriaci si contendono questi territori, ma nel 1814 si insedieranno gli Austriaci, ed in questi anni tra il disorientamento politico creato dai domini stranieri si riordina politicamente e dal punto di vista amministrativo, il territorio appartenente fino a pochi anni prima alla Repubblica di Venezia. Nel 1807 viene riconosciuto il Comune di Povegliano, con le frazioni Santandrà e Camalò. L’annessione al Regno d’Italia avviene in un momento di crisi economica, con un gravoso sistema fiscale; la crisi economica porterà molti cittadini a ad emigrare anche nei paesi extraeuropei, tra cui il Brasile. Nel corso della I Guerra Mondiale il comune fu provato dalla guerra, la sede municipale viene trasferita prima a Ponzano e poi a Camalò, viste le vicine battaglie sul fronte tra il Montello ed il Piave. La fine della Guerra sfocia nella crisi economica che imperversa in tutto il paese, creando il malcontento generale della popolazione. L’avvento del fascismo, le guerre coloniali, i problemi economici avviano l’Italia alla II Guerra Mondiale, la quale porterà ancora distruzione e smarrimento. La crisi economica porterà ad un altro fenomeno di emigrazione, in Europa, America ed Australia.

( materiale tratto dal sito del Comune di Povegliano)

Il toponimo ( Paulus)

L'etimo del paese sarebbe legato al periodo romano: è un tipico prediale, un toponimo derivante dal nome di un latifondista romano, un Paulus o un Popilius.

Prendiamo allora la bicicletta. Il nostro viaggio parte dal piazzale della chiesa parrocchiale: siamo in Borgo San Daniele.

CHIESA PARROCCHIALE DI POVEGLIANO

Essa ha origini antichissime: la pieve infatti risale al VI secolo. Nelle bolle papali viene ricordata sempre come “una pieve” e nel 1344 è indicata come chiesa matrice di Arcade, Spresiano, Sant’Andrà e Villorba. E’ stata consacrata già nel 1530 e ricostruita però quasi completamente nel 1700. Ha una facciata divisa da quattro lesene con capitello, timpano e rosone. Ospita tele di scuola veneziana del '600 e un affresco di Antonio Beni, raffigurante San Daniele nella fossa dei leoni.

Una curiosità: una delle campane porta incisi i nomi dei caduti durante la prima guerra mondiale.

 

 

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Ora, sull'altro lato della strada in direzione est ecco Palazzo Rossi Serena..

PALAZZO ROSSI SERENA

Borgo S. Daniele. L'edificio della II metà del 1700 si eleva in tre piani. La facciata mostra tra le finestre una balconata con terrazzo. Altre finestre laterali, chiudono ad arco. La casa fu abita­ta dai nobili Michieli. Nel terreno retrostante il palazzo esisteva un galoppatoio chiamato "el stradon"che arriva fino alle scuderie Biancanile demolite ora. Un galoppatoio lungo ben un chilometro che era fiancheggiato ai suoi lati da siepi intervallate da statue marmoree che oggi si troverebbero all'interno di una villa ad Arcade.

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Procediamo ora qualche metro in direzione est ed entriamo quindi a destra in via Roma. Procediamo per circa 300 metri e teniamo la sinistra in via Capitello: qualche metro più avanti sulla nostra sinistra ecco l'ex Molino Marconato.

IL MULINO MARCONATO

Sembra che proprio qui nel 1330 vi era l”Hospitale Sancti Antonij de Carpene” certamente dislocato in Via Capitello al civico 9, abitazione della famiglia Marconato (ex mulino) la cui facciata  porta ancora visibile la nicchia con l’immagine dipinta di S. Antonio abate o di Vienne. Esso è il solo superstite di tanti mulini che ruotavano nel corso del Piave.

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Procediamo ora tenendo la direzione nord per circa 450 metri e quindi andiamo a destra in via Molinella: qualche metro e quindi ancora a destra in via Busatonda. Andiamo avanti per 300 metri e quindi, dopo aver passato  un ponte …

 

ACQUE DI VIA BUSATONDA.JPG

… a destra su una stradina sterrata. Procediamo in piena campagna per 1,1km e quindi usciamo a destra.

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Altri 150 metri e quindi a sinistra su via IV Novembre per altri 300 metri.

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All’incorcio con via Campagnola, sulla nostra sinistra un sifone davvero particolare: qui le acque prevalentemente ad uso irriguo vengono smistate con un sistema davvero ingegnoso.

IL GRANDE SIFONE (1).JPG

Teniamo ora la destra su via Campagnola. Fatti circa 200 metri teniamo la sinistra sulla stradina. Procediamo qui per circa 2,8 km e usciamo a destra in via Marangona.  Andiamo a destra per circa 100 metri e quindi a sinistra in via Indipendenza per altri 400 metri. Teniamo ora la sinistra in direzione sud. Facciamo 1 k m e quindi andiamo a destra in via Lavajo. Procediamo per altri 1,3 km e quindi a sinistra in via Toniolo. Ci facciamo tutta questa via e dopo 600 metri teniamo la sinistra in via San Rocco: altri 100 metri e quindi a destra. Facciamo 500 metri sino a sbucare in via Nogariole: pedaliamo per altri 700 metri e quindi andiamo a destra in via delle Colombere. Altri 900 metri e quindi a sinistra in via Castagne Alto. Fatti circa 600 metri la via assume la denominazione di via Cauduri . Procediamo di lì per altri 950 metri e quindi andiamo a destra in via Piave. Fatti circa 200 metri teniamo la sinistra sulla provinciale. Circa 300 metri più avanti ecco Casa Borsato e casa Martini.

Verso Camalò...

VERSO CAMALO'

CASA BORSATO E CASA MARTIN

In origine costituivano un unico complesso di proprietà dei Da Borso (XVIII secolo). Su casa Borsato  si possono notare tracce di affreschi. Casa Borsato è un grande complesso a due piani con arcate e porticati al pian terreno. Si tratta di una casa colonica storica che mostra tracce di antiche decorazioni murarie. Casa Martini, è una casa antica che costituiva , come già detto, un unico corpo con Casa Borsato.

 

Circa 500 metri più avanti ecco il bivio ove potremo giungere presso due delle più belle cose di Camalò: il monumento ai caduti e Villa Lanza di Casalanza.

MONUMENTO AI CADUTI CAMALÒ

Fu eretto nel 1958 per volontà dei reduci e i combattenti nelle due guerre  al centro del Lavajo, una grande vasca usata in passato per lavare i panni. È costituito da una piattaforma circolare sulla quale si innalza un obelisco recante una frase di Giovanni Comisso e l'elenco di caduti e dispersi delle due guerre mondiali. L'insieme è completato da una statua di Carlo Conte che rappresenta la sofferenza umana

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VILLA LANZA DI CASALANZA

La casa era di proprietà dei nobili Da Borgo Sugana sin dal 1500. Il suo esterno è semplice, con finestre che sonno disposte su due piani indicati dalle cornici marcapiano. Il timpano poi è delimitato da un cornicione e le decorazioni interne del salone centrale e delle due sale laterali presentano medaglioni con busti di donna, bassorilievi con le stagioni risalenti al restauro effettuato dall’architetto Scotti nel 1700. Un bellissimo camino in marmo rosso di Verona è situato in una delle stanze laterali. Una curiosità: questa villa assomiglia per molte cose al Palazzo Scotti di Treviso.

VILLA LANZA DI CASALANZA.JPG

CAMALÒ E IL CENTRO DEL MONDO

Camalò deriva da Ca'Malus che è Casa del Malato; al tempo della pestilenza molti signorotti veneziani della serenissima venivano ricoverati nell'entroterra dove i "lazzaretti" ospitavano gli appestati (anche nobili).  La collocazione più probabile del Lazzaretto sembra sia proprio adiacente a via Lazzaretto che non c'è più, ora ci sono le cave, però non vi sono reperti storici che lo confermano. Proprio il periodo delle pestilenza ha portato a Camalò denari per ampliare la chiesa che era inizialmente 1/4 dell'attuale e rivolta con l'altare verso Volpago ... il vecchio altare è l'ultimo a sinistra entrando dal fondo della chiesa.

Perchè Camalò viene definita “ il centro del mondo”? Ci sono almeno tre teorie: la teoria teologica: Si dice che Dio quando ha creato la terra, abbia puntato a Camalò la punta del compasso, lasciando in foro che è diventato "il lavaio" l'attuale monumento ai caduti di Camalò. C’è poi la teoria geografica: Camalò sta ad una simile distanza sia da Treviso, che da Montebelluna, Conegliano e Castelfranco. Bisogna  pensare che una volta la vita contadina e di paese gravitava attorno ai mercati ed all'epoca abitare in un luogo dove si potesse percorrere una simile distanza per raggiungere i maggiori mercati del tempo, dava la possibilità di poter recarsi anche a più mercati la settimana per vendere i propri prodotti. La teoria idrica: sempre all'epoca delle pestilenze è stato scavato un pozzo in piazza a Camalò (io ho le foto fatte da me durante un lavoro strade 10 anni fa), si dice che era così profondo (per pescare acqua salubre e non inquinata da malattie) da portare al centro del mondo!!!

Teniamo ora la destra e andiamo a sud per circa 250 metri: sulla nostra destra Palazzo Signori e sulla nostra sinistra la parrocchiale.

PALAZZO SIGNORI

Fu costruito sul finire dell'Ottocento e ampliato nel 1915. La facciata si caratterizza al centro per un grande balcone. Palazzo che esprime decisamente l’opulenza e la signorilità tipiche dello stile veneziano

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CHIESA DI SAN MATTEO A CAMALÒ

 

E’ la chiesa di San Matteo Apostolo. Antica proprietà del monastero di Santa Maria del Piave, dal 1490, con la soppressione di quest'ultimo, passò a Santa Maria degli Angeli di Murano. Fu inoltre legata alla pieve di Volpago quale filiale. La consacrazione dell'attuale edificio risale al 1779 e dieci anni dopo divenne sede di una parrocchia autonoma. La chiesa assunse l'odierno aspetto dopo il restauro del 1902 e presenta una facciata neoclassica. All'interno, si ricorda l'altare maggiore, proveniente dai beni del monastero di Santa Maria, e tre tele (tra cui la pala d'altare) di scuola veneta. Il campanile fu costruito nel 1816 con le pietre della chiesa di San Francesco di Treviso.

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Visitata la chiesa parrocchiale torniamo su via Fiore tenendo la sinistra in direzione sud: qualche metro e andiamo a destra in via Postioma per 200 metri e ancora a destra in via Vacilotto: poco più avanti ecco Casa Borsato.

CASA BORSATO DI VIA VACILLOTTO

 

Edificio appartenente originariamente ai Da Borso. L’edificio è a due piani delimitati da cornici e finestre disposte simmetricamente. Una decorazione geometrica è ancora visibile sul timpano del lato occidentale dell’edificio.

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Torniamo ora sui nostri passi e andiamo in via Postioma tenendo la destra. Altri 400 metri e quindi a sinistra in via Rialto. Dopo 1,2 km usciamo in via Camalò. Avanti altri 600 metri e quindi a destra in via Schiavonesca per altri 700 metri: giriamo ora a sinistra in via Volpago nord e procediamo per altri 600 metri. Andiamo ora a sinistra in via delle Venti. Procediamo per altri 850 metri e quindi a destra per altri 500 metri. Giriamo ora a sinistra in via Cal di Giavera e procediamo per altri 1,4 km.

BOSCO DI VIA CAL DI GIAVERA

Siamo in località Barrucchella ( Ponzano Veneto). Ora giriamo a destra, altri 150 metri e ancora a destra in via Fiume. Dopo 900 metri attraversiamo l'incrocio e andiamo dritti in via Pascoletto per altri 500 metri. All'altezza di un gruppo di case teniamo la sinistra e procediamo ancora in direzione nord per altri 1,1 km. Sulla nostra destra ecco allora Casa Zanatta. Siamo oramai a Sant'Andrà.

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CASA ZANATTA 

 

Risale al XVIII secolo. In questo periodo, risultava del signor Mondicardo di Treviso. La casa padronale e gli annessi si allineano lungo via Treviso rivolgendo a nord, verso la strada, il fronte principale. A sud, invece, si estendevano le campagne, oggi urbanizzate. Lo spazio verde attorno al complesso era delimitato da un caratteristico muro di ciottoli e mattoni di cui resta un tratto. I due fronti sono pressoché identici (differiscono per alcuni ornamenti aggiunti in epoca recente), facendo intuire che gli interni sono simmetrici e tripartiti. Al centro di ogni facciata si apre una coppia di monofore con profilo centinato, delimitate da poggioli poco sporgenti

 

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SANT’ANDRÀ E LA SUA STORIA

 

La prima menzione storica riguardante Santandrà risale all'anno 994 d.C. "Sanctus Andrea, prope Paulanum" (Sant'Andrea vicino a Povegliano) e consisteva in un grosso borgo quasi certamente fondato dai monaci Benedettini Cassinesi di Nervesa, che in seguito lo ebbero in dono nel 1081 dal conte Rambaldo da Collalto. Il borgo restò legato all'Abbazia di Nervesa fino al 1866 anno in cui il Papa Pio IX lo incorporò assieme a Lovadina, Spresiano e Villorba alla diocesi di Treviso. La costruzione della prima chiesa del paese va fatta risalire tra il 1000 e il 1100 d.C. ed era strettamente dipendente dalla capo-pieve Povegliano a cui i paesani dovevano versare periodicamente la quarantesima parte dei frutti raccolti.  Ma è proprio a  partire dalla fine del 1300 che si ebbero i primi scontri con Povegliano per non versare le tasse dovute, complici interessi di parte e un forte spirito campanilistico. L'esiguità della popolazione non permise al paese di avere sempre un suo parroco, non riuscendo a sobbarcarsi le spese per le sue prebende, pertanto approfittando della vicinanza ci si unì alla pieve di Villorba (1378-1436). Nel 1505 riebbe il suo parroco nella persona di Don Negro. L'entrata del territorio nell'orbita della Repubblica di Venezia segnò un progressivo miglioramento delle condizioni di vita, grazie all'attenta amministrazione  della Serenissima. Venezia sviluppò il suo commercio anche in terraferma, ove altresì introdusse nuove colture (la patata, il granturco, l'allevamento del baco da seta) e avviò degli importanti lavori per l'irrigazione dei campi (come ad esempio il canale della Brentella) e per evitare le ripetute inondazioni del Piave. A partire dal XVIII secolo Santandrà divenne di fatto indipendente da Povegliano. Nel 1797 la caduta della Serenissima e l'arrivo di Napoleone seminò panico e sgomento tra la popolazione. I napoleonici si diedero un gran daffare tra furti e devastazioni, non risparmiando neppure la chiesa, poi come se niente fosse fecero un referendum con cui  la gente del posto doveva approvare l'invasione...l'esito di quel plebiscito rimane sconosciuto in tutta la marca e il paese di Santandrà non consegnò neppure le schede. Dai francesi si passò agli austriaci che avevano nel Lombardo Veneto i loro territori economicamente più avanzati e poi nel 1866 al Regno d'Italia. Gli anni successivi sono quelli della grande emigrazione per le Americhe e la Francia in cerca di fortuna.

Durante il primo conflitto mondiale, Santandrà non fu molto esposta agli scontri, ma anche qui si vissero tutte quelle ripercussioni che comportava una guerra combattuta a pochi chilometri di distanza. Il paese fungeva da retroguardia della linea della Piave e nonostante gli ordini di sgombero la gente rimase al proprio paese approfittando in caso di bombardamenti delle trincee e dei rifugi per nascondervisi.

La Seconda Guerra Mondiale lasciò una traccia profonda tra la popolazione specialmente a causa delle incursioni quotidiane dei nazi-fascisti a caccia di partigiani e di giovani renitenti alla leva. Alla fine del conflitto nel maggio del 1946, tutto il paese partecipò compatto alla processione in onore della Madonna per ringraziarla di aver preservato il paese dai mali della guerra.

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Usciamo ora in Borgo Sant'Andrea e teniamo la destra in via Treviso. Fatti circa 300 metri teniamo la sinistra e andiamo avanti per altri 200 metri. Sulla nostra sinistra ecco allora Casa Genovese Bonan

VILLA MANTELLI, GENOVESE (CASA BONAN)

Nel XVII secolo fu sede di un monastero benedettino cassinese dipendente dall'abbazia di Nervesa, Fu poi nel settecento che l'immobile fu acquistato dalla famiglia Mantelli di Venezia che lo convertì in dimora di campagna. Passò poi ai Tasca e ai Bonan. La villa si innalza su tre livelli di cui l'ultimo è un sottotetto che è stato successivamente rialzato. Al centro si trova il tipico volume conclusivo delle ville venete, passante sui due fronti principali e coronato da un timpano. Sul lato sud le aperture del sopralzo sono delimitate da lesene poggianti su una cornice , a sua volta sostenuta da altre lesene più tozze con una seconda cornice sottostante. Tipico esempio delle abitazioni di signori Veneziani e Trevigiani che per trascorrere le loro ferie o gli anni della vecchiaia a contatto con la natura, se le fecero costruire in campagna, abbandonando la città.

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Teniamo ora la sinistra e quindi andiamo a destra in via Poggianetto. Saliamo in direzione nord per circa 750 metri. Teniamo  ora la destra e avanti per altri 200 metri sino ad uscire sulla provinciale ove gireremo a sinistra. Giù per circa 400 metri e quindi a sinistra in via Ceccato. Procediamo per altri 500 metri: sulla nostra sinistra la chiesa Parrocchiale di Santandrà.

CHIESA PARROCCHIALE DI SANT’ANDRÀ

 

Di antica origine fu per lungo tempo una "filiale" di quella arcipretale di Povegliano. Venne ricostruita nel 1668 e riaperta al culto qualche anno dopo. Tra il finire del 1800 e gli inizi del 1900 fu oggetto di ampi lavori di ampliamento per adattarla alle esigenze della popolazione. L'edificio oggi si presenta esternamente con una facciata a capanna con pilastri, lesene e timpano. L'interno è a navata unica, con quattro altari laterali e l'altare maggiore risalente al XVII secolo e rimaneggiato nel XVIII. Tra le tele di pittura veneta collocate all'interno della chiesa spicca la pala di Cristo morto, Sant'Andrea e altri santi.

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Andiamo ora avanti e alla fine della strada teniamo la destra. Qualche metro più avanti sulla nostra sinistra ecco Casa Ex Menegazzi.

CASA EX MENEGAZZI (ORA PIOVESAN)

 

Tra il Sei e il Settecento fu dei Dolfin, mentre una parte era del monastero di Ognissanti di Treviso. Passò in seguito alla contessa Menegazzi. Su un lato della facciata principale si apre un grande portale carraio ad arco; qui si trovavano in origine i magazzini. Dall'altra parte, al primo piano, si apre una trifora  con colonnine e capitelli di ordine corinzio. Un tempo era delimitata da un balconcino in pietra, mentre oggi è chiusa da una veranda di alluminio. Racconta la signora Piovesan che un tempo qui ci fosse una bottega di generi alimentari e che durante i lavori di restauro della casa furono rinvenuti degli antichi documenti con la firma dei dogi di Venezia che si riferivano ad acquisti per conto degli stessi e di altri patrizi veneziani.

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Pedaliamo ora in direzione ovest per altri 500 metri sino all'incrocio. Oltrepassiamo l'incrocio e poco oltre sulla nostra destra ecco il Sacello di Via dei Caduti!

SACELLO DI VIA CADUTI

 

Da sempre simbolo della devozione popolare un tempo assai diffusa in tutti i paesi di campagna diversi sacelli sono collocati per le vie del paese. Un tempo era consuetudine fare la riverenza e dire particolari preghiere di ringraziamento o per chiedere delle grazie. Di chiara impronta palladiana è il più "famoso" del paese, data la vicinanza con le ex scuole elementari. All'interno una pala raffigura la Madonna col Bambin Gesù, avvolta da una nube in un cielo con riflessi oro e argentei. In basso in primo piano è seduto San Rocco, che su indicazione di un angelo si sta guardando la ferita al ginocchio

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Altri 50 metri e sempre sulla destra ecco Casa Villa Bonisiol

VILLA BONISIOL

Altra abitazione storica a tre piani, non più abitabile perché pericolante. Resistono tracce di decorazioni sugli esterni. La costruzione risalirebbe al XVII secolo.

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Poco oltre sulla sinistra la stele alla Madonna.

LA STELE ALLA MADONNA

E’ una stele in pietra con una piccola nicchia che accoglie una statuina della Madonna con due vasetti di fiori ai lati. E’ una costruzione risalente al 1951. Il suo stile, slanciato, moderno, dalle linee semplici con la minuta croce sulla cima, dà alla costruzione quasi un senso di un unico blocco che allargandosi si dispiega verso l’alto. E’ stata costruita per ottemperare ad un voto durante la seconda guerra mondiale, cioè per ringraziare la Madonna di aver salvato il borgo dalle vendette nazi-fasciste.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Procediamo ora per 100 metri circa e giriamo a destra in via Cal di Giavera. Pedaliamo per 1km e usciamo quindi a sinistra: qualche metro e ancora a destra per altri 400 metri. Siamo ora in via Levada. Andiamo avanti per altri 100 metri e quindi a sinistra: procediamo per altri 400 metri: ora a destra e poco oltre ancora a destra. Andiamo avanti per circa 500 metri più avanti ecco il capitello di Sant’Antonio.

 

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IL CAPITELLO DI SANT'ANTONIO

 

Sorge sullo stesso luogo ove un tempo troneggiava un grosso albero, albero tanto grosso che una persona adulta non riusciva ad abbracciarlo e dalle sue frasche un tempo occhieggiava un'edicola molto venerata dagli abitanti. Con l'abbattimento di questo albero, qui chiamato comunemente "talpa", quell'edicola venne collocata altrove e cioè nella casa del signor Cesare Zanatta ad Arcade. Venne quindi costruito il capitello. La storia di questa costruzione è particolare e una lapide ne riassume i contorni: in memoria di Antonio Schiavetto, morto per la patria il 30 agosto 1917. Secondo le affermazioni di una suora in realtà Antonio Schiavetto non sarebbe stato all'epoca morto ma si sarebbe trovato nell'Istituto Cottolengo di Torino, cieco e senza arti.

Altri 100 metri ed eccoci nei pressi dello Storico edificio Soler

CASA EX SOLER, BORGO S. DANIELE

 

L'edificio storico a tre piani del 1700 possiede una balconata centrale posta al piano interme­dio, cornici marca piano e cornicioni sulle finestre

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Altri 100 metri ed ecco sulla nostra sinistra la sede del Municipio, luogo in cui si chiude la nostra pedalata.

LA SEDE MUNICIPALE

 

È un palazzo, meglio "un palacio",  come fu detto quando venne costruito sul chiudersi del XVIII secolo, carico di storia, che traduce e riflette, in qualche modo, quella della gente. Negli atti notarili relativi ai passaggi di proprietà venne descritto come casa dominicale con cortivo, terreno arborato ed arativo con viti, ed unito ad altro locale adibito ad uso filanda. Le autorità comunali di allora, che usufruivano per il funzionamento degli uffici d'uno stabile avuto in affitto dal proprietario rev. Don Ferdinando Pagnossin, subito adocchiarono quel palazzo, accarezzan­do l'idea di sistemare là gli uffici, perché al centro del paese e dotato di locali idonei. Dopo lunghe trattative nel 1871 il comune trovò quindi la sua sede.

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