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IL MONTELLO

Presentazione

Mi è venuta un'idea! Santo cielo, ce l'ho qui a 15 km il Montello e mai mi sono occupato di questa strana montagnola larga e lunga adagiata proprio al cento della pianura trevigiana. Raccontarlo a pedali in lungo e in largo, seguendone le tracce definite dalle "prese" ( ce ne sono ben 21 e per tutti i gusti ) questa è l'idea: su e giù al di qua e al di là, vicino alla Piave o a ridosso delle infinite seriole d'acqua che dal Canale del Bosco scendono a bagnare le terre più a sud. E' una gran fatica! Per informazioni siano di monito le facce stravolte di molti ciclisti di non certo tenera età che vedo passare di qua alla domenica in tarda mattinata. Io non ho fretta e quindi, come nel mio stile, piano piano e su a prendermi tutto quello che c'è da vedere: natura, arte, storia e molto altro ancora. Buon Viaggio, da Ovest ad est!

CHE COSA E' IL MONTELLO?

Il Montello è un modesto rilievo montuoso (l’altitudine massima è di 371 m) della provincia di Treviso, che si estende (da est a ovest) dall'abitato di Nervesa della Battaglia fino a Montebelluna e Crocetta del Montello. Ai piedi delle pendici meridionali si estendono i comuni di Giavera del Montello e Volpago del Montello, mentre il versante settentrionale è lambito dal Piave.

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clicca sulla singole prese

Caratteristiche geologiche : il Montello, né collina, né montagna

Il Montello è un rilievo molto particolare dal punto di vista geologico. Lo stesso nome indica che non si tratta di una vera e propria collina (non è articolato in più dorsali ed è sostanzialmente compatto e massiccio), ma l'altezza modesta non lo rende neppure una vera e propria montagna. La sua origine è legata al processo di orogenesi delle Alpi: questi monti si sono formati (e continuano a crescere) a causa dello scontro fra il continente Europeo ed Africano e il Montello è in pratica un fenomeno periferico legato a ciò. Tuttavia, la crescita del rilievo è stata ostacolata dal corso del Piave che lo ha "levigato" assieme al contributo degli agenti atmosferici. La collina lunga una quindicina di chilometri con l'altezza massima di 370 metri, è una struttura di conglomerati alluvionali risalenti al Cretaceo Superiore e al Miocene Superiore, tra i 60 e i 5 milioni di anni fa, dalla tipica colorazione rossa.

Cosa è l'orogenesi alpina?

Essa  è un processo di formazione delle montagne  iniziatosi nel tardo Mesozoico (tra i 250 e i 65 milioni di anni fa) e proseguito nel Cenozoico ed è all'origine della catena Alpino-Himalayana. Questa orogenesi è stata causata dalla chiusura dell'oceano Tetide in seguito alla risalita verso nord dell'Africa, dell'Arabia e del Subcontinente indiano verso l'Eurasia. Con la collisione delle masse continentali si sono formate numerose catene montuose che andarono a costituire la catena Alpino-Himalayana, estesa dal Marocco nell'Africa settentrionale e proseguente fino alla penisola indocinese. Queste catene si estendono nell'Africa del nord, in Europa ed attraversano tutto il bordo meridionale dell'Asia.

 

Le acque del Montello

Il Montello non ha sorgenti ma risente fortemente dei fenomeni carsici che interessano la zona, come doline e grotte. Da ricordare che le riserve idriche della collina scorrono in anfratti sotterranei: praticamente non sono presenti ruscelli o altri corsi d'acqua superficiali.   Le acque fuoriescono da alcune importanti e suggestive sorgenti, come il Forame nella scarpata meridionale.  La grotta più imponente e famosa è il Tavaran Grando, altre come il Buoro di Ciano sono visitabili.

Il punto più alto

Il punto di massima altitudine è in località Colesel Val dell'Acqua (371 m).

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LA FLORA DEL MONTELLO E IL BOSCO

La superficie del Montello, oggi completamente suddivisa in lotti di proprietà privata, è per gran parte coperta da selve. Quello che era un tempo uno dei boschi di roveri che la Serenissima sfruttava per l'Arsenale (e per questo gelosamente custodito e tutelato) ha subito negli ultimi duecento anni non solo una notevole riduzione in termini di superficie, ma anche una trasformazione dal punto di vista costitutivo. La selva ha sicuramente subito le oscillazioni climatiche del passato: l'alternarsi di glaciazioni a periodi più miti ha in questo senso trasformato la composizione del bosco, ma si ritiene che attorno ai 3-4mila anni fa essa si sia consolidata in una querceta. Le successive modificazioni invece dipesero esclusivamente dalla presenza dell'uomo. Si ipotizza che i primi interventi risalgano al Neolitico, ma sicuramente non furono mai molto incisivi e si limitarono ai margini del bosco. Sicuramente più importanti in epoca romana; ma è solo durante il dominio della Serenissima (fine XIV secolo - 1797) che inizia un sistematico sfruttamento silvicolo della località, preferita ad altre zone (Cansiglio, Cadore) vista la vicinanza al Piave, via di comunicazione diretta verso la Laguna. La Repubblica era così gelosa di questa risorsa che fece confiscare e recintare l'intera collina ed emanò una serie di leggi e decreti volti alla sua tutela, talvolta così radicali da prevedere la pena di morte. Ma lo sfruttamento era ben controllato e specializzato, in armonia con i principi ecologici e incredibilmente attuale. La vegetazione rimaneva quella originale: si trattava di un querceto quasi puro, costituito per lo più da roveri e farnie.

La caduta di Venezia mise l'equilibrio del bosco in grave difficoltà. Privi della secolare protezione, gli alberi furono tagliati indiscriminatamente e solo a partire dal 1811 furono emanate alcune leggi nel tentativo di assicurare un minimo di salvaguardia. Il bosco ebbe così tregua sino all'Unità d'Italia, allorché riprese l'abbattimento. Gravissimi furono gli effetti della legge Bertolini del 1892, secondo la quale le aree silvicole dovevano essere assegnate a famiglie indigenti o vendute a privati, in modo da aumentare gli appezzamenti agricoli (furono addirittura fondati tre centri abitati: Santa Croce, Santi Angeli e Santa Maria della Vittoria).

Durante la Grande Guerra, poi, il Montello si trovò proprio in corrispondenza del fronte del Piave e, per motivi strategici, altre superfici furono disboscate.

Della vegetazione originale del Montello resta ben poco, ma molte informazioni ci sono pervenute dai vari erbari che i botanici redassero tra il Sette e l'Ottocento. Attualmente la specie predominante è la robinia, una pianta infestante di origine americana che ha occupato la nicchia lasciata dalle piante autoctone. La popolazione di robinie è ancora in fase di crescita, dal momento che i potenziali competitori sono stati eliminati o ridotti dall'uomo; tuttavia si prevede che, a lungo andare, entrerà in equilibrio con le altre specie.

Tra le specie introdotte ma non infestanti sono da citare gli alberi piantumati nel secondo dopoguerra (betulle, conifere) e una faggeta, ritenuta non originale viste le scarse altitudini. A questi si aggiungono i castagni, importati per il legname e i frutti.

Dei relitti sopracitati, sono da ricordare un bosco di rovere, che conserva anche un peculiare sottobosco, e, sul versante nord, qualche farnia, mista a carpino nero e carpino bianco.

Facciamo confidenza con questa vegetazione allora:

LA ROBINIA
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La Robinia in italiano detta anche acacia, a volte indicata anche con il nome comune di "gaggìa", è una pianta della famiglia delle Fabaceae. E' originaria dell'America del Nord precisamente della zona dei Monti Appalachi, dove forma boschi puri. e naturalizzata in Europa e in altri continenti. Fa dei fiori  bianchi o crema, lunghi circa 2 cm simili a quelli dei piselli, riuniti in grappoli pendenti di profumo molto gradevole . 

Fu importata in Europa dall'America del Nord nel 1601 da Jean Robin, farmacista e botanico del re di Francia Enrico IV. L'esemplare proveniva dalla Virginia. Secondo la maggior parte delle fonti, nel 1601 Jean Robin ne piantò un esemplare nell'attuale piazza René Viviani, sulla Rive gauche, nei pressi della chiesa di Saint-Julien-le-Pauvre; esso è ancora esistente, anche se danneggiato nella parte più alta della chioma dai bombardamenti della Prima guerra mondiale e sostenuto da tre pilastri in cemento. Ciononostante continua a fiorire ogni primavera, da oltre quattrocento anni. In Italia la robinia è stata introdotta nel 1662 nell'Orto botanico di Padova. L'acacia è ora presente praticamente ovunque, in particolare in Piemonte (dove i boschi puri e misti di robinia coprono una superficie di circa 85.000 ettari), in Lombardia, in Veneto e in Toscana.

In alcuni ambienti, specie quelli degradati dall'uomo, questa pianta si comporta come specie invasiva; ha un'alta velocità di crescita: per questo motivo spesso compete vittoriosamente con specie autoctone di crescita più lenta. Inoltre, la sua estrema adattabilità la fa trovare a suo agio dai litorali ai 1000 metri di quota delle ombrose valli submontane. La conseguenza è la formazione di boschi con una ridotta varietà di specie arboree, un minor numero di esemplari di specie arboree autoctone e una scarsità di flora nemorale e di funghi; in Italia il problema è presente soprattutto in pianura Padana.

La rapida diffusione di questa specie è stata inizialmente favorita dall'uomo, che la apprezza non solo per il legno, ma anche come pianta nettarifera e come specie ornamentale; ciò a motivo dei suoi numerosi vantaggi: la resistenza a condizioni avverse, l'abbondante e profumata fioritura e la velocità di crescita.

L'acacia è una pianta altamente nettarifera ed ha una grande importanza nell'apicoltura. Il miele di acacia è senza dubbio tra i più conosciuti ed apprezzati.

IL ROVERE
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Il rovere è una quercia molto simile alla Farnia con cui si meticcia spesso dando origine a degli alberi di difficile determinazione. Il tronco è eretto, robusto e slanciato, ramificato solo nella parte superiore. La sua chioma si espande verso l'alto raggiungendo un'altezza di 30-40 metri in bosco.  È una quercia dalla discreta longevità, raggiunge infatti i 500-800 anni d'età.

Il suo frutto è la classica ghianda.

Il suo areale va dall'Europa centrale a quella nord-orientale, anche se è meno esteso di quello della Farnia. In Italia è presente nelle vallate alpine e prealpine e nell'Appennino. In Italia sarebbe la specie tipica del piano collinare e montano inferiore (300–1100 m), se l'antropizzazione subita dal bosco negli ultimi secoli non avesse introdotto al suo posto il castagno. Il legno di rovere è del tutto simile a quello della farnia, dal quale non risulta distinguibile. Piuttosto pregiato viene utilizzato, oltre che nella fabbricazione di mobili, nell'edilizia, per travature, parquet, nei cantieri navali, nella costruzione di doghe per botti per l'invecchiamento dei vini e altre bevande alcoliche, ed anche per la costruzione di bare. Ottimo combustibile, è anche utilizzato per la produzione di carbone.

UN PO' DI FAUNA...
Il Montello è senza dubbio una delle aree naturali più importanti del Veneto e per questo motivo ospita una ricca biodiversità. La sua posizione, al confine tra l'area prealpina e la pianura, e la vicinanza del Piave favoriscono la presenza di uccelli migratori, soprattutto tra la primavera e l'autunno. Numerosissime le varietà di passeriformifringilliditurdidi e rapaci, spesso rappresentanti specie assai rare. Da ricordare soprattutto gli avvistamenti di aquile reali e gufi reali , tipici delle Alpi ma che sicuramente hanno scelto il Montello per svernare. 
I fenomeni carsici hanno favorito in passato la presenza di pipistrelli.  La loro popolazione è oggi assai diminuita, viste le varie forme di inquinamento provocate dall'uomo (in particolare l'uso di pesticidi ne ha limitato le fonti di cibo). 
Gli altri mammiferi sono rappresentati da roditori - scoiattolo, ghiro, moscardino ecc.- e carnivori - volpe, donnola, faina, e il tasso. Ultimamente l'uomo vi ha introdotto il daino, mentre il capriolo è arrivato spontaneamente dall'area collinare settentrionale. Sporadica la presenza del cervo e del cinghiale (anche se negli ultimi anni è molto aumentata. Recentemente in una battuta di caccia è stato rinvenuto un esemplare di 180 kg. Notevole pure la presenza dei rettili. Tra questi, il colubro di Esculapio.
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Le strade del Montello: le prese

La dorsale del Montello è percorsa per tutta la sua lunghezza dalla SP 144, che va dunque da Montebelluna a Nervesa della Battaglia. Essa è però intersecata quasi perpendicolarmente da 21 strade di presa, le stradine che si inerpicano lungo un fianco della collina e ridiscendono dal lato opposto. Le strade di presa non sono da confondersi con le prese vere e proprie; queste ultime sono piuttosto le fasce di territorio comprese fra una strada e l'altra. Questo assetto è il risultato del controllo forestale impostato da Venezia sin dal XV secolo (il nome deriva da: "prendere il legname") e dei vari lavori di manutenzione e lottizzazione che si sono succeduti sino alla fine dell'Ottocento. Le strade di presa vengono indicate tramite un numero e un nome, che per lo più ricorda i caduti della Grande Guerra.

Storia e  alcuni luoghi di interesse

Come già detto, le selve del Montello furono intensamente protette e sfruttate dalla Repubblica di Venezia per rifornire l'Arsenale e per costruire le palafitte su cui si fonda l'intera città. Attualmente, buona parte del Montello è ancora ricoperta dai boschi, interrotti da pascoli, vigneti e villette private.

Nella prima guerra mondiale.  Dopo la rotta di Caporetto, il Montello fu colpito dai duri combattimenti della prima guerra mondiale, in quanto si trovava al centro del fronte del Piave. Fu il principale obiettivo dell'offensiva austriaca del 15 giugno 1918; l'VIII armata italiana comandata dal generale Giuseppe Pennella riuscì, però, a contenere lo sfondamento e poi a respingere il nemico oltre il Piave.  Testimonianza di ciò sono i vari monumenti militari, i toponimi e soprattutto il Sacrario del Montello, nelle cui vicinanze precipitò l'aereo di Francesco Baracca.

 

Abbazie e certose

Il bosco del Montello, per l'isolamento e la quiete, fu scelto in passato come luogo di ritiro spirituale. È il caso della certosa di San Girolamo e dell'abbazia di Sant'Eustachio.

La certosa di San Girolamo

Si trattava inizialmente di un modestissimo eremo ricavato dalla grotta carsica detta di San Girolamo presso la Valle delle Tre Fonti, nel luogo dove, appunto, sgorgavano tre sorgenti (ve ne è ancora una). Nella cavità avrebbe vissuto, attorno al XIV sec., l'eremita Giovanni di Fassa che la adattò alle proprie esigenze, scavandovi ad esempio le nicchie tuttora visibili. Pochi anni dopo, grazie alle donazioni dei Collalto e di nobili e istituzioni veneziane, vi fu costruito un monastero vero e proprio che prosperò sino alle soppressioni napoleoniche. Di esso, usato come cava da cui attingere materiale di riciclo, non resta quasi più nulla. Nel 1863 anche il cimitero fu smantellato e i resti dei frati furono trasferiti nella parrocchia di Giavera del Montello

Abbazia di Sant'Eustachio

Era questo un importante complesso benedettino, reso potente ancora dalle donazioni dei Collalto e meta di pellegrinaggi e ritiri di uomini illustri: il più noto fu Giovanni Della Casa, autore del celebre Galateo. Le sue ricchezze le attirarono però più volte di saccheggi e distruzioni. Nel Cinquecento, durante la lotta tra Chiesa e istituzioni politiche, il monastero fu ridotto a prepositura (il preposito manteneva ancora il titolo di abate). Sopravvissuta alle politiche napoleoniche, Sant'Eustachio attraversò in seguito un grave periodo di crisi che culminò con la soppressione 1865. L'edificio, nel quale si continuò a celebrare qualche messa per la popolazione locale, durante la Grande Guerra venne quasi raso al suolo dai colpi dell'artiglieria.  I ruderi, che compongono un suggestivo insieme, sono stati di recente restaurati e possono essere raggiunti tramite un facile sentiero che si arrampica dalla chiesa parrocchiale di Nervesa della Battaglia.

Ma di questo e molto altro, parleremo più diffusamente più avanti, allorquando la nostra bici ci condurrà nei pressi di questi luoghi. Prendiamo la bici allora.. e buona fatica e buon divertimento.

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