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DA  S. STEFANO DI CADORE A C. SAPPADA
 

CARATTERISTICHE TECNICHE

Lunghezza: 14 km. Tempi di percorrenza :  1,40 minuti. Dislivello: 390 metri

“ Acqua che casca, acqua che scende giù dirompente da ogni dove, rumore di vita, nutrimento continuo alle acque del grande fiume … e poi gole, orridi, burroni… e tanta forza!”

GALLERIA DI IMMAGINI

Il nostro punto di partenza è posto nella piazza centrale di Santo Stefano di Cadore. Siamo in via Udine.

VIA UDINE

Attraversiamo il centro e procediamo dritti sulla s.p. 355. Poco oltre possiamo fare delle piccole incursioni a riappropriarci della purezza di queste acque così “purificate” dalle cascate e dagli “orridi” che troveremo di lì a poco. Appoggiamo la nostra bici e teniamoci davvero forte: stiamo per ammirare una gola profondissima e potente: una roba da paura! Un mostro! Procediamo in paesaggi sempre più stretti ed in salita per circa 7,0 km sino a giungere, annunciato da un ponte di legno coperto, all’ ” orrido di Sappada”.

BICI E ORRIDO
ORRIDO
ORRIDO

Procediamo sulla strada letteralmente circondati da “salti d’acqua”.

SALTI D'ACQUA

Ancora 1,2 km e ci siamo! Stiamo entrando in Sappada, con l’annuncio fatto dalla prima delle borgate sappadine : Borgata Lerpa! Qualche pedalata ancora  e siamo a Sappada!

 

LERPA

Lasciamo quindi Sappada e dirigiamoci sempre in salita fuori del paese. Stiamo per percorrere gli ultimi 3 km di questa tappa. Duri, perché in salita ma bellissimi per tutto ciò che ci appare intorno! Finito lo sforzo eccoci a Cima Sappada o Sappada Vecchia: siamo arrivati!

PER SAPERNE DI PIU'

SANTO STEFANO DI CADORE (908 m) è il principale centro del Comelico, e si trova in una conca verde di prati e boschi alla confluenza del torrente Padola sul fiume Piave, circondata da alcune importanti vette dolomitiche come il Monte Tudaio (2140 m) il Krissin (2503m), l'Aiarnola (2456 m) ed il Popera (2513 m). Santo Stefano è una stazione di villeggiatura molto frequentata, poiché in inverno è possibile praticare sci nordico e sci alpino lungo le piste della zona, ed itinerari di sci alpinismo nella terra dei grandissimi campioni dello sci da fondo come Maurilio De Zolt, Silvio Fauner e Pietro Piller Cottrer. D'estate, invece, le possibilità escursionistiche fra i folti boschi ed i sentieri della Valgrande e della Val Popera sono illimitate. I primi colonizzatori della zona si insediarono a "Tresaga", l'attuale borgata di Transacqua, costituendo l'originario nucleo abitato. Transiga ebbe uomini illustri: capi popolo, vescovi, ambasciatori e notai. Secondo lo storico Giuseppe Ciani, nell'anno 589, fu fondata a S.Stefano la prima chiesa del Comelico, la quale conserva tutt'ora un dipinto di Cristoforo Manforti . Dal 1420 al 1797 S.Stefano, dipese dalla Serenissima Repubblica di Venezia, che doveva rifornire soprattutto con il prezioso legname, tagliato nelle foreste del Comelico, che dopo aver viaggiato lungo il Piave arrivava alla città lagunare.  Di notevole interesse storico è la chiesa parrocchiale la cui origine risale al XIV secolo la cui struttura attuale corrisponde al rifacimento eseguito nel 1664-67, mentre la facciata in stile neoclassico risale al 1817. 

SANTO STEFANO DI CADORE

Sappada Questo Comune vanta oltre 1.300 abitanti . Sorge ad una altitudine di 1.245 m s.l.m. nell'estremità nord-orientale delle Dolomiti tra Cadore e Carnia al confine tra Veneto, Friuli Venezia Giulia e la Carinzia (Austria). Le origini di Sappada non sono certe, l'ipotesi più probabile è che nell'XI secolo alcune famiglie provenienti dalla vicina Austria (secondo la leggenda dal paese di Innervillgraten) si insediarono nella valle con l'autorizzazione del patriarca di Aquileia e dietro pagamento di una somma annuale. La valle all'epoca era disabitata e incolta e i sappadini iniziarono una paziente opera di disboscamento e coltivazione; in breve nacque un piccolo paese formato da 15 borgate tante quante erano le prime famiglie che vi si insediarono. Il paese è costituito da caratteristiche case in legno adagiate nel soleggiato versante nord della valle. Intorno al paese verdi pascoli per l'allevamento dei bovini, campi di segale, avena, orzo e legumi e oltre ad essi boschi ricchi di selvaggina. Nel 1500, oltre alle attività agricole e di pastorizia prosperava anche il commercio del legname grazie alla forte richiesta di legno per barche da parte della Repubblica di Venezia. Dopo una breve parentesi di dominazione francese nel 1814 Sappada passò sotto gli austriaci cui si devono le prime scuole e opere pubbliche. Nel 1852 Sappada passava dalla provincia di Udine a quella di Belluno che a sua volta, qualche anno dopo, veniva annessa all'Italia (1866). Dopo l'ingresso nell'amministrazione bellunese, Sappada scelse di aderire alla Magnifica Comunità di Cadore, pur non essendo parte del territorio storico del Cadore. Durante la prima guerra mondiale furono combattute molte battaglie sulle montagne circostanti e si possono ancora oggi trovare i reperti risalenti a tali scontri. Molte donne sappadine inoltre furono portatrici carniche. Le portatrici carniche furono quelle donne che nel corso della prima guerra mondiale operarono volontariamente, lungo il fronte della Carnia, trasportando con le loro gerle rifornimenti e munizioni fino alle prime linee italiane, dove molto spesso combattevano i loro uomini nei reparti alpini. Erano dotate di un apposito bracciale rosso con stampigliato il numero del reparto dal quale dipendevano e percorrevano anche più di 1000 metri di dislivello portando sulle spalle gerle di 30-40 kg. Ogni viaggio veniva loro pagato una lira e cinquanta centesimi, pari a 3,50 euro odierni(2006). La loro età variava dai 15 ai 60 anni. Dal 1916 al 1917 il paese fu evacuato perché gli abitanti erano sospettati di simpatie filo-austriache a causa del loro dialetto: la popolazione fu dispersa nelle Marche, in Toscana (presso il Comune di Arezzo fu istituita la sede provvisoria del Comune di Sappada), in Campania ed in Sicilia. Nella seconda guerra mondiale il paese fece parte della Repubblica libera della Carnia e fu teatro di scontri tra partigiani e tedeschi. Alcuni sappadini furono condotti ai campi di concentramento, tra cui Dachau. Nel dopoguerra a causa della carenza di lavoro molti sappadini emigrarono all'estero, in particolare in Svizzera e Germania. In seguito lo sviluppo del turismo cambiò anche l'economia del paese, e molti emigrati tornarono a casa per dedicarsi all'attività terziaria.

 

 

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Cenni storici della Val Comelico Il territorio della Val Comelico, confinante con l’Alto Adige e con l’Austria, fa parte del Cadore. Quest’ultimo ha una storia molto antica: infatti i ritrovamenti archeologici abbondano a partire da quello di Mondeval (posto a quota 2150 m. presso San Vito di Cadore) risalente al Mesolitico (8000 anni fa); vi sono poi i ritrovamenti di necropoli a Lozzo, Pozzale e Valle che indicano che questi luoghi erano già abitati nel 1000 a.c. e, per finire, abbiamo le iscrizioni venetiche risalenti al 500/600 a.c. scoperte a Lagole e Calalzo. Possiamo quindi affermare che la presenza dell’uomo in questi luoghi fu cospicua sin dai tempi più remoti. Per il Comelico, invece, non essendosi avuto alcun ritrovamento archeologico, non si può fare nessuna ipotesi e dobbiamo limitarci a pensare che la sua storia segua quella di tutto il Cadore per il periodo preistorico. Successivamente, giunsero su tale territorio il popolo Ligure (del quale facevano parte gli Euganei), gli Illirici e, infine, i Veneti seguiti da Galli e Celti. Per ciò che riguarda l’epoca romana, dal punto di vista dei ritrovamenti, la situazione non cambia: le testimonianze abbondano nel Cadore ma non ve ne sono nel Comelico. La regione fu sottomessa ai romani forse nel 115 a.c., quando il console M. Emilio Scauro sconfisse i Galli della Carnia. Certamente, il Cadore faceva parte della decima regione romana (Venetia et Histria) quando, nel 27 a.c., C. Augusto divise l’Italia a lui sottomessa. In una lapide ritrovata a Valle di Cadore si legge che i Cadorini erano iscritti alla tribù Claudia, che era quella personale dell’imperatore. L’unica cosa che si può ipotizzare riguardo al Comelico per l’epoca romana è che vi passasse una strada romana che collegava Auronzo con la Val Pusteria attraversando il Passo di Sant’Antonio e quello di Montecroce. Dopo la caduta dell’impero romano si ebbe un succedersi di invasioni. I primi a giungere furono gli Eruli di Odoacre (476-493) ai quali seguirono gli Ostrogoti di Teodorico (493-548), i Franchi Merovingi (548-553), i Bizantini (553-568) e i Longobardi sotto la cui dominazione (568-774) il Cadore fu una “scudalscia”, cioè una zona affidata ad un gruppo di centoventi guerrieri con le loro famiglie. Probabilmente fu in questo periodo che si popolò definitivamente il Comelico. Infatti si può presupporre che dalla Val Pusteria attorno al 565 giungessero popolazioni in fuga dai Bajuvari (attuali Bavaresi) in Comelico, in Val Badia e in Val Gardena e, visto che tale spostamento è documentato per queste ultime due valli e che il dialetto ladino è comune a tutte e tre, può essere avvalorata l’ipotesi che questo accadesse anche in Comelico. Con l’arrivo dei Franchi Carolingi (774-888) si ebbe l’inizio del feudalesimo. Dai barbari il Comelico e il Cadore derivarono l’ordinamento delle terre. Dopo la dominazione dei Carolingi vi fu un alternarsi di domini fino a quando, nel 1027, il Cadore entrò a far parte dei possedimenti del Patriarcato di Aquileia. Per ciò che riguarda il Comelico è certo che già prima del mille vi fossero dei piccoli insediamenti e questo è confermato da numerose pergamene che regolano compravendite nelle quali compaiono riferimenti a questo territorio. Nel 1138 l’allora Patriarca di Aquileia subinfeudò il Cadore ed il Comelico ai Da Camino a causa della lontananza e della scarsità di interesse per la zona. Questi, nel 1235 elargirono un primo statuto e si presume che in questo periodo nascessero i primi nuclei di quelle che poi sarebbero divenute le Regole, ovvero organi di gestione del patrimonio agro-silvo-pastorale formati dai capofamiglia di ogni villaggio. Dopo un breve periodo (dal 1337 al 1347) durante il quale vi fu la dominazione tedesca, il Cadore e il Comelico tornarono a far parte del territorio dei Patriarchi di Aquileia che accettarono lo statuto realizzato nel 1335 dai Cadorini e dai rappresentanti del Comelico. Il dominio dei Patriarchi si interrompe nel 1420 quando subentra la Repubblica di Venezia: essa avrà il dominio sul territorio fino al 1797 e lascerà sino dall’inizio la possibilità di autonomia legislativa, amministrativa e giudiziaria. A causa della guerra tra Venezia e l’imperatore Massimiliano I, nel 1508 orde di tedeschi scesero da Montecroce e distrussero Padola, Dosoledo, Candide e Casamazzagno. Una leggenda narra che non proseguissero oltre perché, udito il suono di un corno da pastore, strumento usato anche in battaglia, temendo di essere attaccati dai Cadorini fuggirono atterriti. Nei successivi anni vi fu una forte espansione demografica e si ebbe un periodo piuttosto tranquillo sino al 1797, quando al dominio della Repubblica di Venezia subentrò quello di Napoleone che soppresse le Regole, istituì i comuni, creò la provincia di Belluno, che ancora oggi segue gli stessi confini, introdusse l’istruzione obbligatoria, e impose che i cimiteri fossero posti fuori degli abitati. Dal 1801 al 1805 si ebbe un breve periodo di dominazione austriaca. Dal 1809 si ebbero scorrerie antinapoleoniche da parte di milizie tirolesi, ma i Comeliani restarono sempre fedeli ai Francesi. Alla caduta di Napoleone, dal 1813, si ebbe nuovamente la dominazione austriaca che perdurò sino al 1866 quando il Cadore, in seguito ai moti risorgimentali, riuscì a liberarsi e ad unirsi all’Italia grazie ad un plebiscito per l’annessione del Veneto al Regno d’Italia. In verità, nel 1848, vi era stato lo sfortunato tentativo insurrezionale di P. F. Calvi che terminò con la fuga e la morte di quest’ultimo. Dopo l’annessione all’Italia si ebbe un ulteriore aumento demografico.  Nel 1881 e nel 1882 la regina Margherita visitò il Cadore e il Comelico insieme al futuro re Vittorio Emanuele III. La storia degli anni successivi è tristemente nota a causa delle aspre battaglie che durante la guerra del 1915-1918 insanguinarono le vette dei monti, una guerra che portò, dopo la sconfitta di Caporetto, le truppe austriache in queste valli dalle quali la popolazione fu costretta a scappare e chi non lo fece assistette al triste spettacolo di devastazione portata dal nemico. Con la fine della guerra si ebbe la ripresa del turismo che già dalla seconda metà dell’Ottocento aveva cominciato a svilupparsi di pari passo con l’alpinismo e con lo sfruttamento delle acque termali delle varie sorgenti della zona. Attualmente l’economia della zona si basa sull’industria dell’occhiale e sul turismo che, però , sia nel primo che nel secondo dopoguerra, ha avuto un ruolo marginale nell’economia cadorina la quale, a lungo, ha continuato a basarsi sull’attività agro-silvo-pastorale. ( notizie tratte da : www.valcomelico.it/)

 

Tradizioni e folklore 

Il folclore sappadino si esprime attraverso le danze e le musiche del gruppo folcloristico degli Holzhockar (i taglialegna), composto da una trentina di elementi, tra ballerini e musicisti. Il gruppo esegue le danze mimiche della vita di un tempo; con i loro costumi tipici sappadini e l'allegria dei balli e delle musiche animano le sagre e le feste del paese. Le tradizioni sono numerose e tenute vive. La più nota riguarda il Carnevale con i suoi festeggiamenti e le maschere tipiche. Tra le tradizioni religiose, va ricordato il Pellegrinaggio al Santuario della Madonna Addolorata nel paesino di Maria Luggau in Carinzia (Austria), che tutti gli anni il terzo fine settimana di settembre, i sappadini ed alcuni turisti compiono a piedi, attraverso il sentiero che in circa 9 ore di cammino conduce in Austria.

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