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LA TREVISO OSTIGLIA

 DA  SILVELLE A PIOMBINO DESE

Lunghezza: 18,7 km

Punti di riferimento: Rotonda Badoere – Ostiglia di Badoere – Villa Marcello – Levada -  Silvelle – Badoere

Il punto di partenza di questa terza stazione è situato nel piazzale della chiesa Parrocchiale di Silvelle. Poco oltre in direzione ovest e prima di uscire sulla strada ecco il capitello votivo dedicato alla Vergine.
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Andiamo ora in direzione ovest su via Montello II Tronco per 250 metri e ora a sinistra rientrando nella Treviso-Ostiglia.
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Circa 600 metri più avanti ecco il ponte sul fiume Dese. Dopo 600 metri superiamo via Dotti.
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E continuiamo così per altri 300 metri. Ora alla rotonda teniamo la nostra destra e avanti per circa 100 metri. Sulla nostra destra una indicazione.
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Ancora a destra: una sbarra e circa 400 metri più avanti ecco l’Oasi Cornara.

 

OASI CORNARA

 

L’Oasi naturalistica “Cornara” è un’area di circa 10 ettari con due bacini idrici, i cui perimetri sono percorribili a piedi oppure in bicicletta. In talune occasioni vengono organizzate escursioni a cavallo e giri in barca. L’Oasi è visitabile solo di Domenica sia al mattino che al pomeriggio. Di proprietà di Etra, è un invaso artificiale sorto in seguito all’attività estrattiva di argilla e in periodi di piogge intense si riempie dando origine ad un ecosistema con diverse specie di fauna e vari tipi di flora. Per regolamentarne la gestione ed evitare intrusioni non controllate, pic nic, e battute di pesca, la cava è stata affidata in gestione quinquennale all’associazione onlus “La Siepe” che provvede alla custodia, alla pulizia ed al mantenimento. L'onlus organizza inoltre visite guidate e progetti didattici rivolti agli alunni delle scuole primarie: queste possono sperimentare l’esplorazione della cava, facendo conoscenza con le diverse componenti del particolare ecosistema come la tartaruga, l’usignolo ed il martin pescatore.

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Ritorniamo sui nostri passi ora e dopo 400 metri usciamo a sinistra. Prendiamo la rotonda ed in direzione ovest risaliamo sulla Treviso-Ostiglia. Alla nostra sinistra un capitello votivo.
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Pedaliamo …
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Circa 700 metri dopo incontriamo via Spellateria Alta.
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Altri 700 metri e un ponte ci sopraeleva sulla linea ferroviaria Venezia-Bassano.  Procediamo oltre per 1 km e andiamo a destra cominciando a pedalare sull’asfalto in via E. Fermi.
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Circa 200 metri più avanti teniamo la sinistra in via Regina Cornaro. Di lì avanti per 600 metri e quindi a destra in Via Santissimo Salvatore. Di lì per 200 metri e quindi a sinistra in via Marconi. Ancora 300 metri ed eccoci al semaforo. Giriamo a sinistra: siamo in pieno centro a Piombino Dese.

 

PIOMBINO DESE -il territorio ed un po’ di storia-

l territorio comunale è bagnato da diversi corsi d'acqua, tra i quali spiccano lo Zero, il Dese (da cui il toponimo), il Draganziolo, il Marzenego e soprattutto il Sile, che nasce da risorgive proprio nella zona. Caratterizzato quindi dalla ricca presenza di zone umide, Piombino è uno dei comuni compresi nel parco naturale regionale del Fiume Sile. L'etimo di Piombino dovrebbe essere in relazione con il latino plumbum "piombo", ma è difficile stabilirne il motivo: forse è un'allusione alle caratteristiche del terreno ("del colore del piombo"), oppure si lega al martin pescatore (detto anche piombino per le sue abilità di tuffatore).

Storia

Le origini

La presenza umana lungo il Sile ha lasciato numerose tracce sin dall'epipaleolitico (VI millennio a.C.), ma si è fatta più intensa durante l'età del bronzo (1900-1800 a.C.). In questo periodo, la civiltà ha incominciato a strappare alle selve i primi spazi per l'agricoltura e il pascolo (tramite la tecnica del debbio), integrando a queste altre attività come caccia, pesca e raccolta. Si ipotizza che fosse privilegiato l'allevamento degli ovini, particolarmente adatto in un'area in cui il rapido esaurirsi delle risorse naturali portava al continuo spostamento del bestiame. Si ritiene che gli insediamenti si concentrassero nell'area settentrionale del territorio comunale. In questa zona persistono toponimi, come Vallone e Motta, che fanno pensare alla presenza di modesti dossi emergenti dalle paludi (le altitudini sono qui più basse). Non vi sono invece tracce del periodo paleoveneto, probabilmente perché la zona si impaludò sul finire dell'età del bronzo e venne per un periodo abbandonata.

L'epoca romana

Durante il periodo romano si ebbe una profonda trasformazione del territorio, con una drastica risistemazione agraria. Il disboscamento delle selve e la regolazione delle acque permise la formazione di insediamenti stabili. In località Torreselle a fine ‘800 furono rinvenute tombe di epoca romana con presenza di ossa, frammenti di anfore e cocci di vasi. Frequenti nell’ultimo secolo i ritrovamenti fortuiti di monete repubblicane, imperiali e tardo-imperiali.

Tutt'oggi strade e fossati seguono la regolarità dell'antica centuriazione ricadente nel territorio di Altino; ma si trattava di un luogo di confine, visto che la zone a nord del Sile e a sud del Muson erano sottoposte rispettivamente ad Asolo e a Padova.

 

L'avvento del cristianesimo e il Medioevo

La tradizione rimanda a san Prosdocimo l'evangelizzazione del Veneto. Solo dopo la pace di Costantino (IV secolo), il cristianesimo poté diffondersi anche nelle campagne, e per un periodo coesistette con i culti pagani. Dopo il periodo alto-medievale, con le invasioni barbariche e l'arrivo dei Longobardi, si ha la prima citazione di Piombino: in una bolla di papa Eugenio III del 1152, è ricordata tra le pertinenze della pieve di Trebaseleghe, a sua volta sottoposta alla diocesi di Treviso. Nel Medioevo il territorio si caratterizzava ancora per la notevole presenza di boschi e canali, fondamentali per l'economia di allora, basata ancora su caccia, pesca e raccolta. Al potere vescovile successe quello laico dei comuni, ma di questo non sono registrati particolari avvenimenti riguardanti il paese.

La Serenissima

Tra il Tre e il Quattrocento fa la sua comparsa in terraferma la Serenissima, con grandi cambiamenti per il sistema economico e sociale. Se nel tardo Medioevo i feudi avevano diminuito le proprie dimensioni a favore della piccola proprietà borghese, a partire dal primo Quattrocento l'agricoltura comincia a essere monopolizzata dalla nobiltà veneziana e da altre poche famiglie di spicco. Venezia aveva ormai abbandonato le tradizionali attività mercantili e industriali aperte verso l'Oriente, dedicandosi piuttosto al consolidamento dell'economia agricola dell'entroterra da poco conquistato. È questo il periodo delle ville venete che coinvolsero particolarmente il territorio di Piombino: si ha notizia di palazzi signorili sin dalla prima metà del Quattrocento. Parallelamente, si diffuse una nuova concezione del territorio, divenuto ora luogo dell'insediamento da modificare e riordinare in funzione dell'uomo. Si ebbero così importanti interventi idraulici volti alla regolazione dei fiumi SileZeroDese e Marzenego (XVI-XVIII secolo). Le iniziative provenivano spesso dalle stesse famiglie patrizie, prima fra tutte quella dei Cornaro.

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Proseguiamo sulla principale sino a raggiungere dopo 100 metri la imponente parrocchiale.

 

 

LA PARROCCHIALE DI PIOMBINO DESE

La chiesa sorse probabilmente sopra un'antica cappella dedicata a S. Biagio e se ne ha notizia dal 1292. Fu più volte ampliata, e tra il 1746 ed il 1750 ricostruita su disegno attribuito a G. Massari, con soffitto dipinto da J. Guarana. Demolita nel terzo decennio del XX secolo fu sostituita dall'attuale, edificata su disegno dell'architetto L. Candiani. Si tratta di una costruzione eclettica: l'impianto, specie nell'organizzazione degli spazi e nel gioco dei volumi, è neoromanico, ma le decorazioni rimandano al neogotico ottocentesco. L'abside della chiesa presenta cinque grandi vetrate dedicate ai santi protettori della comunità parrocchiale, la Madonna, S. Giuseppe (compatrono della comunità), san Biagio, san Liberale (patrono della Diocesi) e san Giuseppe Benedetto Cottolengo e contiene l'organo Malvestio a trasmissione pneumatica del 1938. La chiesa è ancora affiancata dal campanile risalente al 1717: con i suoi 54 metri, è uno degli edifici più alti della zona.

Una curiosità: sulla sua fisionomia è basata la costruzione della Basilica di Sant'Antonio a Istanbul.

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Accanto alla chiesa la Biblioteca Edith Stein

LA BIBLIOTECA EDITH STEIN

 

La Biblioteca Edith Stein ha sede nella ex casa canonica della parrocchia di S.Biagio vescovo e martire in Piombino Dese, costruita intorno al 1492-1500. Nel 1926 diventò sede dell’Azione Cattolica e di scuola professionale fino al 1969, anno dal quale fu sede di una cooperativa agricola. Nel 2018 l’edificio è stato oggetto di un restauro al fine di renderlo adatto ad ospitare la biblioteca.

Chi e’ Edith Stein?

Edith Stein nasce, da genitori ebrei, a Breslavia (al tempo in Germania) il 12 ottobre 1891. All’età di due anni rimane orfana di padre, imprenditore nel settore del legno ricadendo così sulla madre, donna di gran carattere e abile imprenditrice, il peso della conduzione dell’azienda e della famiglia. Fin dalla giovane età si distingue per una acuta intelligenza superando brillantemente sia gli studi superiori sia quelli universitari nel campo filosofico pur essendo caratterizzati da discontinuità. Diventa per un periodo assistente di Husserl teorico della “fenomenologia”. Dopo un travagliato periodo in posizione di agnostica aderisce alla religione cattolica entrando successivamente nella congregazione delle monache Carmelitane Scalze assumendo il nome di Benedetta Teresa della Croce e approfondisce gli studi teologici e filosofici. A seguito delle persecuzioni naziste nei confronti degli ebrei è costretta con la sorella Rosa, anch’essa carmelitana, a fuggire da Colonia per rifugiarsi ad Echt in Olanda. Ma qui viene prelevata nel convento, assieme alla sorella, dalla polizia e condotta ad Auschwitz dove il 9 agosto 1942 vengono avviate alla camera a gas. Nel 1998 viene, da papa Giovanni Paolo II, dichiarata santa e nell’anno successivo nominata copatrona d’Europa.

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Poco oltre sulla destra della strada la sede del Comune di Piombino Dese
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VILLA CORNARO

La sua storia. Villa Cornaro o Cornèr è una villa veneta sita a Piombino Dese (Padova) progettata da Andrea Palladio nel 1552. È stata inserita nel 1996 nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO, assieme alle altre ville palladiane del Veneto. La famiglia Corner è attestata a Piombino sin dal 1422, quando risulta proprietaria di 310 campi trevigiani e di vari stabili annessi. Nel 1551, alla morte di Girolamo Corner del ramo detto "di San Cassiano" o "della Regina" (era nipote della nota Caterina Corner), i figli Andrea e Giorgio si spartiscono i suoi beni in Piombino, ovvero un complesso di villeggiatura costruito tra il 1539 e il 1549: al primo va la casa padronale, all'altro 7 campi del «bruolo», una barchessa e metà del giardino.

La costruzione della nuova villa si deve proprio a Giorgio ma, benché erediti la proprietà nel 1551, dovrà aspettare l'anno successivo per venirne in possesso, essendo allora impegnato a Peschiera per conto della Serenissima.

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Il cantiere è già in piena attività nel marzo del 1553, e nell'aprile dell'anno seguente l'edificio - pur incompleto - è abitabile, tanto da esservi documentato Palladio «la sera a zena» col padrone di casa. Quest'ultimo, in occasione del matrimonio con Elena Contarini, nel giugno dello stesso anno prende formalmente possesso della villa, o meglio del suo cantiere: a questa data risulta infatti realizzato solamente il blocco centrale, ma non le ali né il secondo ordine delle logge. Giorgio muore nel 1571, combattendo nella battaglia di Lepanto. Il complesso viene ereditato dal figlio Gerolamo che nel 1582 dichiara il possesso di una «casa per nostra habitatione posta in villa di Piombin con brolo e cortivo la qual casa non è finita et ne è più di spesa che di entrada». Il cantiere, dunque, subisce dei rallentamenti per ragioni finanziarie e negli anni successivi lo stesso Gerolamo preferisce lasciarlo in sospeso, dedicandosi ad altri investimenti nella zona. Solo nel 1588 decide di spendervi nuove energie: in quell'anno vengono commissionate a Camillo Mariani le statue degli antenati per il salone, mentre è del 1596 il coinvolgimento di Vincenzo Scamozzi, che si dedica alla costruzione della grande barchessa inglobando la precedente quattrocentesca.

Nel 1655 il discendente Giorgio di Gerolamo Corner dichiara che la villa non è ancora ultimata e che mette a disposizione una somma per concludere i lavori. È Andrea Corner ad occuparsene, commissionando gli stucchi a Bortolo Cabianca e le decorazioni pittoriche a Mattia Bortoloni. Estinti i Corner ai primi dell'Ottocento, la villa passò ad altre famiglie che continuarono ad utilizzarla come residenza sino al 1951. Nel ventennio successivo attraversò un periodo di grave decadenza, durante il quale fu dapprima utilizzata come asilo parrocchiale e successivamente fu abbandonata. Nel 1969 la villa è stata acquistata da Richard e Julia Rush di Greenwich che hanno intrapreso un'importante opera di restauro. Dal 1989 è proprietà dei coniugi Carl e Sally Gable di Atlanta, che la hanno venduta a fine 2017

Su questa strada abbiamo visto il lato nord di Villa Cornaro: non ci resta che andarne a vedere il brolo ed il retro. Per farlo procediamo sulla principale per 200 metri e quindi giriamo a sinistra in via Pozzetto. Fatti altri 300 metri circa troviamo sulla nostra sinistra l’ingresso per il brolo.

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Dopo aver visto il brolo invertiamo la nostra marcia e rientriamo in via Pozzetto. E’ la via che conduce a Loreggia. Circa 800 metri più avanti giriamo a sinistra e quindi ancora 1 km sino a riprendere a sinistra la Treviso-Ostiglia. Pedaliamo per 1,3 km e quindi a destra in via Fermi. Pedaliamo per circa 800 metri e quindi a sinistra in via Ronchi. E qui sulla nostra sinistra un capitello.
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Circa 1,5 km e quindi alla rotonda proseguiamo dritti. Avanti altri 600 metri e quindi affrontiamo il sottopasso. Ora a sinistra e altri 200 metri. Sulla nostra destra la locanda “Al Cantoniere
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Andiamo ora a destra in via Spellattera Alta. Andiamo avanti per 1, km e quindi eccoci ad un incrocio. Teniamo ora la destra e andiamo avanti per altri 300 metri. Eccoci ora al passaggio sul Draganziolo e là vicino un capitello.
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IL RIO DRAGANZIOLO Il rio Draganziolo o Draganzolo è un fiume di risorgiva che nasce  tra gli abitati di Resana e Piombino Dese. Attraversa Piombino DeseTrebaseleghe e le frazioni Cappelletta e Moniego di Noale, quindi si immette nel Marzenego poco prima di Robegano di Salzano. Con l'approvazione della nuova Carta Ittica della provincia di Venezia, gran parte del fiume Draganziolo è stata protetta con un particolare regime di pesca che prevede tratti "No-Kill" per la salvaguardia del Luccio e tratti "No-Kill" integrale per tutte le specie autoctone presenti ed immesse dalla Provincia nel fiume. Un tratto del fiume in Comune di Noale lambisce un'area umida, le cave della ex fornace Cavasin, protetta dal WWF con la recente istituzione di un'oasi naturalistica.

Andiamo avanti altri 600 metri. Sulla nostra sinistra una “casetta”

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E sulla nostra destra un capitello.
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Ora andiamo a destra per circa 1,8 km. Alla rotonda teniamo la sinistra e così avanti ancora per 400 metri. Ora a sinistra e circa 200 metri dopo eccoci al parco del Draganziolo.

IL PARCO DEL DRAGANZIOLO

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Ci facciamo un giro dentro e poi torniamo sui nostri passi uscendo dal suo ingresso principale. Ora avanti per 100 metri e quindi a destra. Di lì ancora 300 metri ed eccoci in piazza a Trebaseleghe, dominata dalla Parrocchiale e al di là della strada, dal Municipio.

TREBASELEGHE

Trebaseleghe (Trebaxełeghe in veneto) è un comune  di 12500 abitanti della provincia di Padova in Veneto. Patrona del paese è la Natività di Maria (8 settembre), compatroni sono San Sebastiano e San Valentino. Il territorio comunale si estende sul settore nord-orientale della provincia di Padova, ai confini con le provincie di Venezia e Treviso. 

È una zona assai ricca di acque, anche sorgive, solcata dai fiumi DeseDraganziolo e Marzenego. Il toponimo, chiaramente veneto, sembra essere un composto con il significato di "tre basiliche", probabile riferimento alla presenza di tre luoghi sacri (anche semplici celle o edicole). Altre supposizioni lo ricollegano a "tre vichi", ovvero "tre borghi".

La località è stata abitata sin dalle epoche più remote grazie all'abbondanza di risorse idriche. Numerosi reperti, quali lance e monete, risalgono invece al periodo romano. La prima citazione è però in una bolla papale del 1152, con la quale papa Eugenio III confermava tra i domini del vescovo di Treviso anche la plebem de Tribus Basilicis cum castro et villa et pertinentiis suis ("pieve di Trebaseleghe con il castello, il villaggio e le sue pertinenze").

Posto in posizione strategica, nel medioevo il paese fu più volte devastato dalle guerre che insanguinarono il Trevigiano sino all'arrivo della Serenissima (XIV secolo) sotto la quale, specie dopo la guerra della Lega di Cambrai, si ebbe un periodo di stabilità. Come i territori circostanti, subì le invasioni napoleoniche, quindi la dominazione austriaca e l'annessione, nel 1866, al regno d'Italia.

La parrocchiale

La chiesa della Natività della B.V. Maria è la chiesa arcipretale di Trebaseleghe, compresa nel vicariato di Camposampiero della diocesi di Treviso. Benché l'attuale edificio sia una ricostruzione novecentesca, la chiesa ha origini antichissime, fondata in epoca longobarda (VIII secolo) in un'area considerata sacra sin dall'epoca romana (sul posto sono stati rinvenuti i resti di una necropoli). Una seconda ricostruzione si ebbe nel Trecento e una terza nel Quattrocento. Anche nei secoli successivi l'edificio subì diversi rifacimenti. La chiesa attuale, in stile neogotico, è stata iniziata nel 1913 su disegno dell'architetto Domenico Rupolo e riconsacrata nel 1966.

Il campanile invece è l'originale cinquecentesco. Al suo interno si possono ammirare la grande Pala di San Sebastiano di Andrea da Murano (1497-1501), gli affreschi di Angelo Zotto nella cappella del battistero (1484-1486) e la pala raffigurante la Natività della Beata Vergine di Palma il Giovane. Degne di nota sono anche la tela con San Tiziano di Leandro da Ponte, la Madonna con Bambino di scuola sansoviniana (1530) e la Madonna con il Bambino, San Giacinto e San Valentino che risana il bambino epilettico di Pietro Damini.

Nell'abside, a pavimento, si trova l'organo a canne Tamburini opus 66, costruito nel 1915 per la cattedrale di Treviso e collocato nella chiesa di Trebaseleghe nel 2004 ed in tale occasione restaurato ed ampliato.

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Sul lato destro della strada il Muncipio

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Lasciamo ora il municipio sulla nostra destra e iniziamo a percorrere in direzione nord via Don Orione. La via, più avanti,  è dotata di una bellissima pista ciclabile
CICLABILE DI VIA DON ORIONE A TREBASELEG
Pedaliamo quindi per altri 2,3 km e quindi svoltiamo a destra in Via Ramo Silvelle.
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Avanti ancora 1,3 km e quindi a sinistra. Circa 200 metri più a nord, eccoci sul fiume Dese. E lì accanto un Mulino

Il mulino Zanini detto “vecchio”

L'antico manufatto si trova nel bel mezzo di un'autentica oasi agro-naturale di particolare bellezza. Nelle mappe del Catasto Austriaco del 1845 l'opificio è denominato "Molino Benaja" questo a conferma che nelle varie epoche i Mulini (molini in veneto) prendevano nome dal cognome del loro proprietario. Quest'usanza si è protratta fino alla dismissione e cessazione dell'attività molitoria (dagli anni sessanta del diciannovesimo secolo), da lì in avanti, soprattutto in ambito consortile (Consorzio di Bonifica Acque Risorgive) i mulini hanno mantenuto il nome dell'ultimo proprietario mugnaio anche dopo la cessione ad altri.

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Andiamo ora avanti per 1 km e quindi giriamo a sinistra in via Caovilla. Pedalando di lì per altri 1,5 km ci ritroveremo in Piazza a Silvelle, luogo di chiusura di questa tappa.

UN PO' DI IMMAGINI

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